Anche sua madre amava passeggiare per le vie di Roma e così capitava che chiedesse alle figlie di accompagnarla in centro di domenica, all’uscita dalla messa. Anna acconsentiva malvolentieri a queste richieste e soltanto la gigantesca coppa di gelato che sapeva attenderla da Giolitti la convinceva a salire, insieme a madre e sorella vestite a festa, sul tram con i sedili in legno, che le portava dalla periferia alla stazione centrale, dove prendevano un autobus che le lasciava a San Pietro oppure a Piazza Navona.
Un po’ si sentiva in colpa per lo scarso entusiasmo che mostrava, ma poi pensava che avrebbe sfidato chiunque a gioire all’idea di una giornata trascorsa a fare da guardia a una genitrice bionda che sembrava la controfigura delle Kessler. Al contrario di lei che in un anno aveva imparato la lingua e la parlava bene seppur con qualche incertezza, poi, la madre né comprendeva bene l’italiano né lo parlava e tanto meno conosceva la cultura locale; non sapeva quindi difendersi dalle avances più o meno volgari di cui gli uomini la omaggiavano a ogni passo che faceva. Insomma, le loro passeggiate romane finivano sempre allo stesso modo: la madre si godeva la vista di monumenti e chiese, mentre lei passava il tempo alternando la sperimentazione di un vocabolario ingiurioso recentemente acquisito a traduzioni nella lingua madre con molte omissioni. Fortuna che la coppa di gelato era davvero grande.
Nelle domeniche più calde prendevano invece il trenino che dalla città portava al mare e trascorrevano qualche ora in spiaggia, mai di più, perché la carnagione delle bionde non tollera lunghe esposizioni al sole e perché il viaggio di ritorno, tra corpi che odoravano di sudore e crema solare, era lungo e faticoso. E perché la gloriosa cinquecento color arancione e targata Macerata, sua madre l’avrebbe acquistata soltanto alcuni anni più tardi, quando avrebbe preso la patente.
Alla fine di quella estate, Anna partì per la prima volta da sola. L’istituto che frequentava aveva organizzato un campo scuola in un convento non lontano da Roma e lei aveva vinto, con molta tenacia, la battaglia perché i suoi accettassero di pagare la quota di partecipazione, anche se chi è emigrato per cercare un lavoro non può comprendere che senso abbia pernottare a pagamento poco distanti da casa. Il grande edificio dei frati era circondato da bellissimi giardini, un campo di calcio e persino una piscina, anche se l’acqua non c’era . Durante il giorno si organizzavano escursioni e attività ricreative per gli allievi e fu durante quel soggiorno che lei scoprì di detestare l’arte dell’Origami e di amare invece i balli e la musica Country. Si prese anche una cotta da manuale per il professore di matematica per poi passare le nottate a chiedersi come poteva essere accaduto, perché l’oggetto della sua infatuazione era oggettivamente il docente più brutto di tutta la scuola e non le era nemmeno simpatico. Se a questa domanda non trovò mai la risposta, le divenne invece chiaro quasi subito che, nonostante nelle camerate a sei letti ci vivessero cimici verdi e il caffellatte a colazione venisse servito dentro enormi tazze e tutto quel liquido beige che le nuotava incontro le facesse venire l’ansia, una casa vuota era peggio persino dei compagni di classe d’élite.

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